Adolescence: il seme del male nell’innocenza spezzata. Una miniserie che tutti gli adulti dovrebbero guardare
Vittima e carnefice, un labile confine
Adolescence, miniserie britannica disponibile su Netflix, non è un semplice dramma familiare. È una dissezione brutale della fragilità giovanile, una storia in cui il confine tra vittima e carnefice si assottiglia fino a scomparire. Jamie Miller ha tredici anni. Un’età in cui si dovrebbe ancora sognare, non uccidere. Ma quando lo arrestano per la morte della coetanea Katie Leonard, il mondo si sgretola attorno a lui e alla sua famiglia.
Una regia che toglie vie di fuga
Il regista Philip Barantini toglie ogni via di fuga. Usa riprese in sequenza, lascia spazio a silenzi pesanti come macigni e rinuncia alla musica per amplificare l’angoscia. Christine Tremarco e Stephen Graham, nei panni dei genitori di Jamie, incarnano il dolore assoluto, quello che non si può elaborare, solo subire.
L’educazione invisibile della rete

Ma il cuore nero di questa storia è Jamie. Non è un mostro. Non ancora. È un ragazzo fragile, insicuro, che si nutre dei peggiori angoli della rete, di parole taglienti come lame, di idee che deformano la realtà fino a renderla insopportabile. La manosfera lo avvelena, gli insegna a odiare e gli offre un nemico su cui riversare la sua frustrazione: Katie. La ragazza che lo ha rifiutato. La ragazza che non c’è più.
Un fenomeno inquietante: i crimini giovanili
Adolescence racconta una generazione senza bussola, cresciuta tra adulti distratti e pericoli invisibili. Non è solo una storia di finzione. In Inghilterra, le carceri minorili ospitano centinaia di ragazzi. In tutta Europa, oltre 20.000 minori sono detenuti, molti poco più che bambini. Giovani che non hanno ancora avuto il tempo di capire chi sono, ma che già portano addosso il marchio di un crimine.
La rete come trappola
La rete dovrebbe essere uno spazio di conoscenza, ma si trasforma in una trappola. I forum anonimi, gli algoritmi e le comunità online alimentano la rabbia e la trasformano in violenza. Jamie è il prodotto di un’educazione invisibile, quella impartita da schermi e tastiere. La manosfera ha già fatto abbastanza danni, eppure il pericolo continua a essere sottovalutato.
Nessuna redenzione, solo un pugno nello stomaco
Katie Leonard non è solo una vittima. La sua assenza pesa in ogni scena, il suo silenzio urla più di qualsiasi parola. Adolescence non offre conforto, solo domande scomode. Quante altre storie come questa dobbiamo vedere prima di accorgerci che il male cresce dove non guardiamo?
Non ho fatto niente
E forse ci crede davvero. “Non ho fatto niente”, dice Jamie, con gli occhi sgranati, la voce incrinata, mentre il mondo attorno a lui si sbriciola. Forse nella sua mente è vero. Forse non ha affondato il coltello, non ha sentito la lama lacerare la pelle, non ha visto il sangue macchiargli le mani. Forse è stato il mondo a farlo per lui, pezzo dopo pezzo, fino a ridurlo a ciò che è diventato.
A cura di Veronica Aceti
Leggi anche: Nuovo capitolo per un’intesa vincente tra Virgo e Grande Fratello
Seguici su Instagram