Studenti Giapponesi

In Giappone l’infanzia resta libera da verifiche e voti

Nel sistema scolastico del Giappone, i bambini fino ai dieci anni vivono un’esperienza educativa unica nel suo genere. Gli alunni non sostengono test formali né esami strutturati. Durante i primi tre anni della scuola elementare, l’attenzione si concentra su altro: lo sviluppo delle qualità umane e relazionali, non sulle performance scolastiche.

Gli insegnanti insegnano soprattutto il rispetto reciproco, la cooperazione, la disciplina interiore e la responsabilità personale. Le classi si trasformano in piccoli laboratori di umanità, dove i bambini imparano a vivere insieme, ad affrontare i conflitti con gentilezza e a osservare le regole non per paura, ma per scelta. In questa fase, l’obiettivo principale consiste nel formare cittadini consapevoli e sensibili, capaci di contribuire in futuro a una società più equilibrata.

Le verifiche ci sono, ma servono solo a indirizzare il percorso educativo. Nessun voto, nessuna competizione. Il sistema educativo giapponese semina prima il carattere, poi raccoglie i risultati accademici. Gli insegnanti guidano con l’esempio e valorizzano l’apprendimento esperienziale.

Alunni Giapponesi

Superata la soglia dei dieci anni, il modello giapponese cambia marcia. Quando gli studenti entrano nella scuola media, il panorama scolastico si trasforma. Le pressioni aumentano, le prove diventano centrali, e inizia una fase in cui gli esami determinano il percorso futuro.

Gli studenti si preparano con determinazione per affrontare i test di accesso alle scuole superiori e poi alle università. In questo periodo, emerge in tutta la sua potenza il concetto di “shiken jigoku”, ovvero “inferno degli esami”: una corsa estenuante fatta di studio intenso, sacrifici personali e aspettative elevate. In moltissimi casi, le famiglie iscrivono i figli ai juku, istituti privati dedicati al potenziamento scolastico, per affrontare la competizione con strumenti in più.

Questo modello, se da un lato premia l’impegno, dall’altro espone i ragazzi a un carico emotivo e psicologico molto forte. Le statistiche mostrano un aumento dei livelli d’ansia tra gli adolescenti, che si trovano a confrontarsi con un sistema che chiede eccellenza e tollera poco l’errore.

Il percorso scolastico giapponese assomiglia a un arco: inizia morbido, accogliente, quasi giocoso, ma si tende sempre di più verso la tensione dell’eccellenza. Questo dualismo apre interrogativi importanti: come aiutare gli studenti a non perdere sé stessi nella corsa al merito? Come bilanciare il valore della competizione con quello dell’equilibrio interiore?

Nel tempo, il Giappone ha cercato di mantenere saldo il legame tra crescita umana e formazione culturale. Le scuole superiori e le università chiedono molto, ma non per questo il Paese ha smesso di considerare fondamentali valori come la gentilezza, la solidarietà e la disciplina morale.

Molti si chiedono se sia possibile armonizzare definitivamente questi due mondi. La vera sfida non consiste soltanto nel formare studenti brillanti, ma anche persone capaci di affrontare la vita con forza e autenticità.

La società giapponese lo sa bene: educare non significa solo istruire, ma accendere nelle persone la voglia di esistere con dignità, profondità e libertà.

A cura di Veronica Aceti
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